Racconti di Natele: Il postino in: Una lettera di troppo

Ed eccoci arrivati all’ultimo racconto natalizio di quest’anno, sono felice che le precedenti storie vi siano piaciute 🙂 Colgo l’occasione per farvi tantissimissimi auguroni di buon Natale.
La storia che stiamo per leggere è : Il
postino in: Una lettera di troppo 
di Anna
Tasinato
se il racconto vi è piaciuto potete contattare l’autore mandando una email a : anna.tasinato@gmail.com
Buona lettura!!!
Illustrazione di  “Pique Dame”
                                         
Vicinanze
di Rovaniemi, 20 dicembre ’09


Il
postino abbandonò lo scooter sul ciglio innevato della strada,
assicurando lo sterzo. Non che nel Circolo Polare Artico i furti
fossero all’ordine del giorno, ma con i tempi che correvano era
meglio essere prudenti.
Le
sue mani bardate dai guanti in vera-finta pelliccia frugarono nel
borsello alla ricerca delle missive da consegnare. Sotto Natale
nessuno aveva pietà di lui: tutti i bambini si ostinavano a
sommergerlo di lavoro, affidandogli le loro letterine dirette a Santa
Claus. Si fosse almeno scelto un’abitazione facilmente accessibile,
il vecchio! No, figurarsi. Dov’era altrimenti la “caratteristica
atmosfera natalizia” che per contratto doveva circondare la sua
casa?
Il
postino avanzò lungo la stradina laterale. Quest’anno le nevicate
erano state più insistenti del solito e le sue caviglie a ogni passo
scomparivano dentro l’infido bianco candore nevoso. Bastò poco
perché mettesse un piede in fallo e scivolasse nel fosso che
costeggiava la via.

«Acc!»
esclamò. «Stramaledetto fosso, lo sapevo che eri lì!»

E
lo sapeva bene, visto che ogni anno il suo fondoschiena ci entrava a
contatto ravvicinato. Mai che uno di quei boriosi elfi
lecca-caramelle spalasse la neve, mai che qualcuno gli facilitasse il
lavoro!
Si
alzò, stizzito, e arrancò prestando più attenzione a dove metteva
i piedi. La casa di Santa Claus era esattamente come la ricordava:
piccola ma accogliente, con il tetto ricoperto di neve e il boschetto
di pini selvatici a far da scenografia sullo sfondo. Quando si
avvicinò alla porta, udì rumori di macchinari in funzione e note di
musica pop provenienti dall’interno.
Suonò
il campanello.
Alla
porta si presentò una signora. O almeno credeva fosse una signora,
visto che indossava un gonnellone a fiori rossi e bianchi e non
portava la barba. Per il resto era uguale a Claus, baffi compresi.
«Be’?»
gli disse.

Sulle
prime pensò che il vecchio si fosse trasferito. Com’era possibile
che una signora –o quello che era – occupasse la “tipica
abitazione natalizia”? Al secondo posto piazzò la possibilità
dello sfratto. Al terzo, il cambio di sesso.

«Salve»
salutò il postino, aspettando un segno di riconoscimento da parte
dell’interlocutrice – o interlocutore. O quello che era. Egli –
o ella, o esso – corrugò la fronte, gesto che fece escludere al
postino il cambio di sesso. «Devo consegnare altre lettere al vec-,
intendo, a Claus.»
«Dia,
dia, che ci penso io» disse l’individuo – o individua, o altro.
Il
postino indugiò. Non era etico consegnare le lettere ai
non-destinatari.
«Sarebbe
meglio che gliele dessi di persona. Sa, sono documenti
confidenziali.»
L’interlocutrice
– o interlocutore. Be’, si è capito – gli concesse un ghigno
sbilenco che mise in mostra denti giallognoli e gengive rosse
addobbate a festa. «Ah! Simpatico» scherzò. «Su su, la posta dei
bambini la posso prendere pure io.»
Bastò
lo sminuimento delle missive e nel postino per un attimo si accese il
lume dell’amore professionale che anni prima l’aveva portato
sulle strade innevate della Lapponia.
«Sono
cose importanti, queste!» sbottò. «E poi, lei chi sarebbe?»
«Non
è ovvio?» Ma, siccome per il postino non era ovvio per nulla,
chiarificò: «Sono la fidanzata di Santa Claus.»
«La…
cosa
domandò, nonostante avesse capito anche troppo bene.
«Non
è che alla terza età certe cose non si possano fare, eh» continuò
lei. «Non siamo ipocriti, che è Natale.»
Una
smorfia di disgusto comparve sul volto del postino, che
inavvertitamente si era lasciato trasportare dalle parole della
donna. Ignorò la piega del pensiero e tornò professionale.
«Comunque,
dovrei consegnarle direttamente a lui. Non è che lo può chiamare?»
«Eh,
magari» sbuffò la donna. «Non ha il cellulare dietro.»
«Non
è in casa?» domandò il postino.
«Macché.
È sparito da tre giorni, il mio fidanzato. Ma mi dica lei, si può
lasciare il cellulare sul camino, invece di assicurarlo nel
portaoggetti della slitta? Si può?»
«Sparito?»


«Che
è, sordo?» brontolò la donna. «Se le dico che non c’è, non
c’è.»
«E
dov’è?»
«Ah,
bella! E che ne so io? Me l’aveva detto che il lavoro l’avrebbe
assorbito in questo periodo, ma non pensavo sarebbe sparito del
tutto. E i bambini, e i regali. Che palle. Speriamo che lo pensionino
presto, così ci possiamo fare la mia vacanza da sogno alla Bahamas.»
Il
postino voleva menzionare alla donna che il pensionamento per il
vecchio non era previsto e che l’unico caldo in cui sarebbe mai
riuscita a trascinarlo era il fuoco ardente di un caminetto acceso
sulla cima di una montagna circondata da nevischio, ma si trattenne.
Disse invece: «È sicura di essere la sua fidanzata? Siete così,
così… diversi.»
La
donna rise, il gonnellone a fiori oscillò pericolosamente avanti e
indietro. «Gli opposti si attraggono, mai sentito?»
Non
la contraddisse.
Guardò
l’orologio: le lancette segnavano mezzodì e quella era la sua
ultima consegna. Avrebbe potuto lasciare le lettere alla donna
cannone e svignarsela al calduccio della sua casa. Scorse velocemente
con le dita i profili delle lettere colorate; sembrava tutto a posto,
fino a quando non incappò in una busta bianca con marchiato un
“Urgente. Consegnare solo
a Claus entro il ventitré” a caratteri cubitali rossi. E guarda
caso era proprio il ventitré. Ahi.
«Ho
bisogno di trovare il vecch-, intendo, Claus» esternò ad alta voce.
«E
io ho bisogno di un avvocato. Tenere a bada quegli elfi malefici è
più difficile del previsto, soprattutto quando chiedono l’aumento
per i turni extra.»
«Credo
che l’avvocato darebbe ragione a lor-» ma si bloccò davanti al
truce cipiglio della donna. «Non è preoccupata per la sparizione
del suo fidanzato?»
«Bah»
borbottò lei. «Dovrei? Voglio dire, di anni ne ha, di esperienza
pure. E tornerà per il venticinque, eccome se tornerà! Glielo dico
io.»
Il
postino si strinse nelle spalle; così funzionavano le coppie
moderne, e a quanto pareva il vecchio ci era immerso dalla testa ai
piedi.
«Sa
per caso se qualcuno potrebbe averlo visto dopo di lei?»
«Uhm.»
La donna si fermò a pensare. «Forse Snowing Pumpkin Cake. Claus ci
si ferma sempre, quando può.»
«Chi?»
«Snowing
Pumpkin Cake. È un povero pupazzo di neve che alloggia da novembre a
febbraio tra Lyhtykuja e Joulupukintie. Se vuole andarci…»
Si
trattava solo di una piccola deviazione per la strada verso casa.
Perché no? Il postino salutò la donna e si avviò con le missive
sottobraccio verso il luogo indicatogli. Non appena fu nei pressi
dell’incrocio, notò un pupazzo di neve di medie dimensioni le cui
braccia-ramo dondolavano pericolosamente, prossime all’amputazione
definitiva.
«Ohibò!»
gli urlò il pupazzo, ancor prima che il postino ci si avvicinasse.
«Aiuto!»
Il
postino abbandonò il suo mezzo di trasporto sul ciglio della strada
e si avvicinò a passi corti al suo uomo, ehm, pupazzo.
«Cosa
succede?» domandò il postino.

«È
una catastrofe!» gridò Snowing Pumpkin Cake. «Un vero disastro!»

«Cosa?»
«Ma
su, le mie braccia! Non vede che mi stanno cadendo? Sia buono, me le
conficchi meglio dentro.»
Il
postino ubbidì. Afferrò i rami legnosi e li saldò bene. Gli
sembrava di aver fatto un buon lavoro, se non che il pupazzo gridò
ancora: «Una catastrofe! Un vero disastro!»
«Che
c’è adesso?» sbottò il postino. «Non li ho messi giusti?»
«Oh,
quelli vanno bene» lo rimproverò Snowing. «Si tratta di Santa
Claus, ovviamente!»
«Lei
sa dov’è, Snowing Parking Gate?»
«Pumpkin
Cake, grazie. Come quella cosa di Halloween, non come uno dei
parcheggi sgangherati di Helsinki.»
«Scusi,
signor Parting Shake. Ho un urgente bisogno di trovare Claus, devo
consegnargli una lettera importante. Sa dov’è?»
«So
solo quello che ogni fiocco di neve raggrumato e congelato in mezzo
al nulla sa, ovvero che il buon Santa ha lasciato la Lapponia tre
giorni fa in gran segreto, con tanto di slitta e Rudolf a carico.
Alcuni abeti mormorano che sia stato ingaggiato dalla Coca-Cola per
un’operazione segreta con gli orsi polari, altri che se la sia data
a gambe dopo il fidanzamento, altri ancora che sia stato rapito dalla
banda al servizio dei dirigenti di tutti i centri commerciali del
mondo per essere studiato e analizzato. Una vera catastrofe!»
«Uhm»
mormorò il postino. «Ma tornerà per Natale?»
«E
chi può saperlo! Non per nulla dico che è una catastrofe.»
«E
con la lettera urgente cosa ci faccio?»
«Sia
saggio, se ne sbarazzi. Qui ci sono in ballo cose che nessun umano
può mai immaginare.»

Bastò
questo per indignare il postino. Sbarazzarsi di una consegna? Mai!
«Grazie,
signor Jumping Fake, ma no. Io lo troverò.»
«Allora»
esordì Snowing, «l’unico che potrebbe saperne qualcosa è il suo
impresario.»
«Il
vecchio ha un impresario?»
«Ma
sì, ma sì» borbottò il pupazzo, «un coso, come quelli di
Hollywood. Un agente.»
«Agente?»
«Lo
so, sembra strano, ma anche il vecchio Santa ha bisogno di nuovi
lavori, eh! Non è che con un giorno all’anno ti ci puoi
ammucchiare la pensione.»
«E
dove lo trovo, questo agente?»
«Nella
sua sede. Si trova proprio vicino all’ufficio postale, non può
sbagliarsi. Posso chiederle di sistemarmi la carota, prima di
partire? Non respiro molto bene…»
Il
postino seguì le indicazioni del pupazzo e si ritrovò nei pressi
dell’ufficio postale, davanti a una targhetta d’ottone incisa con
il nome dell’impresario-agente.
«Knecht
Ruprecht» mormorò il postino, prima di suonare il campanello.
Il
clic della serratura gli indicò di entrare e in un attimo fu
nell’ufficio: ai lati, scaffali di metallo colmi di carte e una
vetrinetta di legno contenente schedari su schedari, e al centro una
scrivania, sul cui piano erano disseminati senza cognizione moduli
d’iscrizione, una lampada, residui organici ingeribili, cartacce,
biglietti d’auguri da compilare, una pompetta da biciclo e
l’estremità della barba grigia di Knecht, intento a scarabocchiare
qualcosa su di un post-it.
«Siete
un attore? Un cantante? Uno showman? Un giornalista? Un leccaculo?»
lo bombardò Knecht, radioso.
«Solo
il postino» rispose coerentemente il postino. «Cerco Claus.»
«Perfetto»
ribatté l’uomo, tornando a ignorarlo, «allora quando lo trovate
ditegli che mi deve i soldi per non essersi presentato oggi allo
spettacolo della terza età. E non mi interessa la scusa che la
fidanzata è gelosa! Che diamine, qui bisogna pur tirare avanti la
baracca, in qualche modo.»
«Quindi
non sapete proprio dove sia?»
«Che
diavolo, no. Ma quando tornerà saranno guai per lui! Lo metterò a
ballare YMCA con gli Arzilli Vecchietti, e poi ci penserà due volte
ad abbandonarmi così.»
Il
postino non disse nulla e mesto girò i tacchi fino a casa.
Qualcosa
gli sfuggiva, non sapeva nemmeno lui dire cosa; la fidanzata era
ottimista riguardo alla sparizione del vecchio, il pupazzo
pessimista, l’agente indifferente. Ma lui aveva ancora le lettere
da consegnare, soprattutto quella contrassegnata come urgente!
D’altronde
però non poteva nemmeno biasimare Claus se se l’era data a gambe:
dopo due giorni con una fidanzata del genere chiunque sarebbe
sparito, per non parlare del catastrofismo del signor Rafting Lake e
del venale impresario e i suoi balletti poco consoni al vecchio
Santa. Lui sarebbe sparito senza pensarci due volte.
E
se invece il pupazzo avesse avuto ragione e qualcuno l’avesse
rapito per vivisezionarlo? Rabbrividì al solo pensiero. Ai bambini
chi ci avrebbe pensato, poi? Citò il pupazzo: una catastrofe!
Il
postino abbandonò il mucchio di lettere sul mobile d’ingresso e si
tuffò con poca grazia sul divano di casa sua, accendendo la
televisione e gustandosi un bel film scacciapensieri. Scivolò nel
sonno senza nemmeno accorgersene.
Fu
un rumore a svegliarlo. Un pugno che batteva insistente sulla porta
d’ingresso.
Il
postino aprì gli occhi; la sveglia segnava mezzanotte, era iniziata
la vigilia. Si alzò malamente dal divano e arrancò fino alla porta
d’ingresso.
Era
basito.
Santa
Claus, l’uomo burbero e solitario che raramente si faceva vedere
per le strade di Rovaniemi, era in piedi davanti a lui, sporco e
malmesso. Alle sue spalle intravide la slitta, parcheggiata negli
apposite strisce nevose, da cui sporgeva un pacco non meglio
definito.
«Sei
un giorno in anticipo» borbottò il postino, facendolo accomodare.
«Cosa ti è successo? Perché sei ridotto così male?»
A
quel punto avrebbe scommesso sugli esperimenti commissionati dai
dirigenti dei centri commerciali, senza dubbio.
«Ah,
che fatica il Natale» esclamò Claus, piombando con il sedere sul
divano.
«Ma
se ti è sempre piaciuto» lo contraddisse il postino. «Cosa è
successo in questi giorni? Perché sei sparito? Qua erano tutti
preoccupati per te.» Circa.
«Cosa
mi è successo?» domandò Claus. «Cosa mi è successo? È successo
un disastro, una calamità naturale, una catastrofe, un pandemonio!
Ecco cos’è successo!»
Oddio,
pensò il postino, la
vivisezione era in compagnia degli orsi della Coca-Cola, era un
esperimento transgenico multidimensionale finalizzato a qualcosa di
ignoto ma sicuramente malvagio!
«E
in parole semplici?»
«Mi
sono fidanzato.»
«Auguri.»
«Grazie,
ma non è questo il punto, che infatti è quest’altro: sono entrato
in un ciclo infinito, in una tautologia irrisolvibile, in un
algoritmo ricorsivo, in una contraddizione ontologica, in una
denominaz-»
«Okay,
okay. E in parole semplici?»
«Sono
Santa Claus. E non riesco a trovare un regalo per la mia fidanzata.»
Il
postino rise sguaiatamente, particolare che infastidì non poco
Claus.
«E
per questo sei sparito per dei giorni?» disse poi.

«Ho
dovuto» si giustificò il vecchio. «Voglio dire, è possibile che
io abbia ideato regali per miliardi di persone e un solo, piccolo
dono mi abbia mandato in tilt? Sì, è possibile. Non mi rimaneva che
fare una cosa, caro amico postino: andare su Amazon.com
e cercare qualcosa nel catalogo. Avevo trovato questo quadro, un
dipinto enorme e pacchiano che raffigurava un paesaggio bahamiano;
non potevo perdere l’occasione, così mi sono affrettato a
comprarlo con la mia carta di credito che, guarda il caso, era
scaduta! Ero disperato, così in un impeto di follia ho preso la
slitta e mi sono lanciato verso la sede di Amazon
per trovare un accordo con i capi. Ma, arrivato, mi hanno creduto un
impostore e per poco non mi hanno denunciato! Solo perché gliel’ho
pagato profumatamente, mi hanno concesso di poter prendere il
dipinto. Almeno ora avrò fatto felice la mia donna» raccontò. «E
tu, perché mi cercavi?» 

Il
postino gli consegnò le lettere, compresa quella urgente. Claus la
scartò e distese il foglio prestampato davanti ai suoi occhi.
«Caro
cliente, siamo lieti di annunciarle che i problemi con la sua carta
di credito sono stati risolti. Riceverà l’ordine di numero 5
dipinti “Bahamas” presso il suo indirizzo di riferimento. Può
disdire l’ordine entro la mezzanotte del 23 dicembre, in modo che i
nostri magazzini non lo prendano in carico. Grazie, la Direzione.»
«Oh,
per tutti gli Elfi Lavoratori, cinque dipinti!» esclamò Claus.
«Sapevo che non dovevo cliccare in modo compulsivo quel tasto. E
adesso cosa me ne faccio?»
Il
postino guardò in basso, verso il pavimento. Il risolino del vecchio
riempì la stanza.
«Caro
postino, quella parete è vuota. Che ne dice di un bel dipinto
“Bahamas” per Natale?» 



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